Risposta a Giulietto Chiesa

dic 17th, 2010 | Di | Categoria: Dibattito Politico

di Piero Pagliani

La risposta che segue riguarda l’articolo di Giulietto Chiesa, pubblicato qui.

1. Chiarisco subito un punto. Non avevo nessuna intenzione di essere capzioso ma solo di mettere con forza al centro la priorità dei rapporti sociali.

Ad esempio, è vero che ci sono leggi fisiche e che la loro valenza veritativa non dipende da nessun soggetto. Però il loro uso sì. Tanto è vero che per uno stesso fenomeno, complesso ovviamente, possiamo avere scienziati con un’opinione e scienziati con un’opinione del tutto opposta. Forse perché alcuni sono stupidi e altri no, alcuni sono più preparati e altri meno? No: perché le valutazioni complessive sono fatte scegliendo alcuni parametri valutativi e non altri (se non fosse così basterebbe l’ars combinatoria universale di Leibniz e la politica non avrebbe nessun ruolo).

Si pensi al nucleare: se faccio una valutazione confinata al punto di vista del procedimento puramente fisico posso anche ritenere che esse siano sicure. Se invece immergo una centrale nucleare nel suo apparato operativo dove il procedimento puramente fisico entra in contatto con una serie di strutture e infrastrutture di diversa natura (elettriche, idrauliche, costruttive, eccetera) la sicurezza di prima necessariamente sfuma. Se poi inserisco il sistema nell’ambiente e devo prevedere il processo complessivo e la sua evoluzione, dall’approvvigionamento di uranio – che probabilmente si esaurirà prima ancora del petrolio – allo smaltimento delle scorie, la sicurezza iniziale diventa un vero e proprio punto di domanda dove la certezza delle leggi fisiche che controllano la fissione nucleare (parametro quasi esclusivo dei sostenitori del nucleare) assumono un ruolo marginale. Per cui diventa una drammatica realtà questa geniale vignetta di Altan:

2. Per quanto riguarda la “architettura finanziaria” avevo per l’appunto appena finito di dire che quella nata a Bretton Woods è andata a farsi benedire, quindi non capisco l’obiezione di Giulietto.

L’affermazione che la Haute Finance ha tendenze internazionaliste è di Karl Polanyi e quindi non mi è mai passato per la testa di attribuirla agli estensori del documento. Tuttavia essa è l’unica che permetta di concludere l’esistenza di una eventuale “architettura finanziaria internazionale”. E’ per questo che l’ho citata.

La “novità radicale” riguardante la finanziarizzazione deve essere non proclamata ma dimostrata. Lo ribadisco. Ma non per spirito polemico. Quello che intendo dire è che se anche si può concordare che ci sia una contraddizione esplosiva con i limiti fisici del pianeta (e siccome ho scritto esplicitamente nel contributo precedente: “E’ più che logico che un meccanismo di accumulazione senza fine di capitale, mai visto prima nella storia dell’umanità, generi anche uno sfruttamento stressante della natura senza precedenti”, mi scuserà Giulietto se gli faccio notare che la sua affermazione “non per niente [Pagliani] ignora l’assioma che una crescita infinita è impossibile all’interno di un sistema finito di risorse” è del tutto fuori luogo), tuttavia non si può asserire che un fenomeno specifico come la finanziarizzazione che non è una novità nella storia del capitalismo abbia a che vedere con questa contraddizione. Può essere che oggi ciò sia vero, ma bisogna dimostrare le connessioni. Ma può anche essere che la finanziarizzazione non c’entri nulla con le esplosive contraddizioni ecologiche.

Il mio riferimento a Negri non è quindi sarcastico. Negri usa un ragionamento para-marxista per affibbiare alla finanziarizzazione una sorta di valenza millenaristica: la fine della vigenza della legge del valore. Il parallelo è che, ancora una volta, si attribuisce a un fenomeno ricorsivo come la finanziarizzazione una spiegazione ultimativa, epocale. Ho anche detto che ovviamente “ricorsivo” non significa “sempre uguale”. Tutt’altro. Ma la novità degli intrecci bisogna dedurla con rigore. In metà mondo la finanziarizzazione che abbiamo in Occidente semplicemente non esiste e nella limitata misura in cui esiste dipende dalle conseguenze del cosiddetto “imperialismo finanziario” statunitense, ovvero dal fatto che dalla dichiarazione della inconvertibilità del dollaro in oro del 1971 (spia dell’attuale crisi sistemica e inizio dello sgretolamento dell’architettura di Bretton Woods, che era politica prima che finanziaria) ad oggi – ma non si sa domani – lo standard monetario internazionale di fatto sia stato non il dollaro bensì il debito pubblico americano (e non è una metafora).

Non so se sottolineare queste cose sia mancanza di modestia. Può essere che mi sia espresso in malo modo e me ne scuso. In realtà io non ho certezze marxiste da far ingoiare ad altri. Ho una serie di domande e di timori e nessuna voglia di nasconderli “ritornando ai classici”. Se Giulietto conoscesse un po’ i miei scritti saprebbe che ho sempre criticato il cosiddetto “ritorno a Marx”. Anzi, sto per finire un saggio in cui, viceversa, cerco di ricapire Marx a partire dalla crisi in corso, e non il contrario come va oggi di moda fare.

Proprio per questo sono aperto al confronto e penso che Alternativa sia uno dei luoghi meno fossilizzati dello scenario politico italiano. E’ l’unico motivo per cui ho scritto questo contributo e quello precedente. In realtà mi occupo di politica perché sono preoccupato, non perché mi diverta. Se non avessi preoccupazioni continuerei a fare ciò che mi da più soddisfazione, ovvero dedicarmi alle mie ricerche scientifiche. Ma lo stato del mondo non me lo permette.

Tutto qui.

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