L’altra “giornata del ricordo”

feb 16th, 2010 | Di | Categoria: Dibattito Politico

Ieri sono stato all’Università La Sapienza di Roma per ascoltare le relazioni di Alessandra Kersevan (ricercatrice storica esperta di storia istriana) e di Sandi Volk (ricercatore storico esperto di storia balcanica). Tema dell’incontro: fare chiarezza su quanto accaduto in Istria durante la Seconda guerra mondiale, capire perché un circoscritto episodio storico è strumentalizzato politicamente.

Dopo la Prima Guerra Mondiale inizia l’italianizzazione forzata dell’area istriana e dalmata. Croati e Sloveni rappresentano circa il 57% della popolazione, quindi la parte italiana, pur se consistente, non è maggioranza. L’azione che segnò l’inizio delle ostilità fu quella dell’incendio del 1920 della biblioteca slovena di Trieste Balkan, provocato da un’azione degli squadristi fascisti. Un atto di purificazione, scrivono i capi fascisti. Il giorno seguente la stessa sorte tocca alla Narodni Dom di Pola, in Istria, e alla sede del giornale cattolico sloveno «Pucki Priaateli» a Pisino. Passaggi cruciali e un punti di rottura, che precedono l’inarrestabile scia di violenza che farà da sfondo all’ascesa del potere fascista nell’intera Venezia Giulia, dove saranno dati alle fiamme 134 edifici: 100 circoli di cultura, 2 case del popolo, 3 cooperative e 21 camere del lavoro. [M. Cattaruzza, 2007]

Stessa fine fecero molti centri di cultura slovena e croata. Mussolini durante un viaggio nella Venezia Giulia nel settembre del 1920, per chiarire quale potesse essere la linea politica fascista nei territori del confine orientale così si esprimeva: «Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica dello zuccherino, ma quella del bastone. Io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani». Quindi il fascismo si prestava a farsi interprete della Italianità minacciata dalle pressioni del mondo slavo, individuato fin da subito come il principale nemico da combattere e distruggere. Una battaglia da portare avanti con la forza, attraverso una politica basata sull’esclusione e sull’inferiorità dell’altro, che investe ogni comparto della vita quotidiana, e con la quale si intende imporre un’italianizzazione forzata volta a cancellare ogni possibilità di presenza autonoma per la popolazione slovena e croata che, definita sprezzantemente dal regime come allogena, vede negato per oltre un ventennio il diritto “di esprimersi nella propria lingua, di coltivare la propria cultura, di esserci come persone pubbliche. [A.M. Vinci, 2007]

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