Quel che resta di Toni Negri

mar 3rd, 2012 | Di | Categoria: Teoria e critica

di Sebastiano Isaia

Per alimentare il dibattito sulla crisi economica e andare «contro le tentazioni “nazionaliste” (in realtà solo “populiste”) che cominciano a nascere e a presentarsi nel dibattito delle sinistre riformiste in questa fase di crisi», il Blog di Controlacrisi.org ha pubblicato un intervento di Toni Negri «fatto in francese al Congresso Marx Internazionale IV, nel settembre 2004 a Parigi». Do il mio contributo al dibattito con lo scritto che segue, sposando in pieno il programma del Blog sintetizzato nello slogan «Abbasso l’ideologia!»

Secondo Toni Negri, teorico dell’Impero, della Moltitudine e della crisi della marxiana legge del valore, «Parlare di Stato-nazione e di imperialismo senza periodizzarne la figura e la durata diviene molto pericoloso – quasi reazionario»1.

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1 Le citazioni di Negri, se non sono tratte da altre sue pubblicazioni, si riferiscono al testo pubblicato senza titolo dal Blog di Controlocrisi.org.

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5 commenti
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  1. [...] [...]

  2. Commenti da FB.

    Maria-Cristina Şerban

    ‎”Secondo Toni Negri, teorico dell’Impero, della Moltitudine e della crisi della marxiana legge del valore, «Parlare di Stato-nazione e di imperialismo senza periodizzarne la figura e la durata diviene molto pericoloso – quasi reazionario». Nientedimeno.
    Francamente non comprendo in che consista esattamente quel
    pericolo. Certo, se ci riferiamo a qualcuno che maneggia quei
    concetti in modo apologetico il «quasi» non ha ragion d’essere, e il pericolo che ci si para dinanzi possiamo fronteggiarlo con efficacia. In realtà la punta della critica negriana è rivolta contro la sinistra statalista, nostalgica del vecchio Capitalismo di Stato e sostenitrice di politiche neokeynesiane. E su questo punto egli mi trova del tutto in sintonia, e non da oggi.”

    Ho notato anch’io diverse volte l’opportunismo degli alfieri conservatori delle socialdemocrazie occidentali, che non erano e non sarebbero antagoniste dell’imperialismo, ma che almeno potrebbero tornare ad essere polemiche con l’ultra-liberismo… Non pesa o preoccupa l’aver impegnato le masse lavoratrici alla coscienza della difesa del capitalismo di stato di matrice imperialista, a seguire il percorso di una legalità che è rappresentata dagli interessi della classe dominante e che è una delle mistificazioni del dominio capitalistico…

    E interessanti anche queste osservazioni: “La base del «vecchio imperialismo» era costituita dall’incessante ricerca da parte del Capitale di profitti sempre più pingui e rapidi (non di rado attraverso le forme più disparate di speculazione), di materie prime, di forza-lavoro a basso costo e di mercati «di sbocco». Una voracità talmente violenta e insaziabile da trascinare nelle spire imperialistiche lo Stato, la cui potenza d’altra parte riposava interamente sulla capacità industriale, e quindi finanziaria, scientifica, organizzativa, culturale, in una sola parola sistemica, del Paese. Come notò J.A. Hobson nella sua giustamente celebre opera del 1902, l’imperialismo «implica l’uso della macchina di governo da parte degli interessi privati, principalmente capitalistici, per assicurare loro vantaggi economici fuori del proprio paese». Sempre all’acume critico dello studioso inglese dobbiamo la documentata relazione tra investimenti esteri e imperialismo politico (militarismo incluso):
    «Le statistiche degli investimenti all’estero gettano una chiara
    luce sulle forze economiche che dominano la nostra politica… non è esagerato dire che la politica estera moderna della Gran
    Bretagna si è concretizzata in una lotta per accaparrarsi
    profittevoli mercati d’investimento». C’è una pagina di
    quell’importante studio, dedicata agli gnomi della finanza del suo
    tempo, che sembra scritta oggi: «Come speculatori o finanzieri
    essi costituiscono il più grave fattore specifico dell’economia
    dell’imperialismo. Creare nuovi debiti pubblici, lanciare nuove
    società, provocare notevoli fluttuazioni del valore dei titoli sono
    tre condizioni necessarie per svolgere la loro profittevole attività. Ciascuna di queste condizioni li spinge verso la politica, e li getta
    dalla parte dell’imperialismo».
    È forse mutata la base del «nuovo imperialismo», al punto da
    determinarne il tramonto, o quantomeno la sua trasformazione
    nell’Impero concettualizzato da Negri? A me non pare proprio, e
    soprattutto quanto ci capita di osservare negli ultimi anni mi
    suggerisce l’idea che lungi dall’essersi indebolita, la radice sociale
    dell’imperialismo si è piuttosto rafforzata enormemente. Concetti
    quali «post imperialismo» e «post Capitalismo» non hanno alcun
    senso e testimoniano l’incapacità, di chi li teorizza, di afferrare
    l’essenza della vigente formazione storico-sociale, la quale vive
    necessariamente una permanente condizione transeunte: il
    cambiamento, per essa, non è un’eccezione, ma la regola. Di più:
    un imperativo categorico. La società capitalistica è sempre «post»,
    «oltre», «smisurata»: deve esserlo, con assoluta e «demoniaca»
    necessità. Si tratta di mettere a nudo il momento di continuità che
    persiste nel processo e che realizza la continua trasformazione
    della Società-Mondo dominata dal rapporto sociale capitalistico.”

  3. Commenti da FB.

    Luca Er Lattina Orsogna

    Grande contributo quello che invita a diffidare dalle visioni che propongono “possibilità comunismo hic et nunc” sulla base di proiezioni ottimistiche all’interno della visione della realtà. queste operazioni di disillusione (come ad esempio lo” smascheramento” del ’68 che Preve ha presentato in più articoli) sono fondamentali per cominciare un discorso serio che si muova nell’ottica dell’anticapitalismo.

  4. Commenti da FB.

    Mirco Panizzi

    anche Kaustky aveva teorizzato una teoria del super imperialismo che riecheggiava,su basi teoriche piu’ solide,la teoria negriana dell’impero,Lenin la nego’ e la storia gli dette ragione,il ruolo dello stato nel dominio capitalista resta fondamentale,oggi, data la spietata concorrenza continentale e la stazza di alcune potenze capitaliste tipo Cina ,India,Stati Uniti,le leggi economiche impongono l’organizzarsi delle potenze capitaliste in dimensioni continentali,ecco l’affannarsi dei poteri europei per costruire la corazzata imperialista europea pronta allo scontro economico,politico e militare contro gli altri predoni del mercato internazionale,i lavoratori devono essere educati politicamente a considerare il loro peggior nemico l’imperialismo di casa propria

  5. Commenti da FB

    Mario Fragnito

    Secondo me , non c’è gruppo politico più anelante a forme neo-keynesiane di redistribuzione della ricchezza dietro la parvenza di posizioni radicali dei disobbedienti.

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