Primo marzo e sciopero degli immigrati

mar 2nd, 2010 | Di | Categoria: Primo Piano

di Antonio Catalano

IMMIGRATIIeri in molte città italiane si sono svolte manifestazioni indette dal movimento Primo marzo 2010 all’insegna di “una giornata senza di noi”. Una mobilitazione pensata per mettere al centro dell’attenzione la condizione dei lavoratori migranti sempre più tartassati da una legislazione che li tiene sotto schiaffo, per meglio poterli sfruttare e utilizzare in chiave ricattatoria contro i lavoratori italiani La principale arma di controllo e di ricatto è il soggiorno di permesso senza del quale si è relegati nei CIE (Centri di identificazione ed espulsione). Permesso di soggiorno – centellinato e mercanteggiato dalle questure – senza del quale il lavoratore immigrato entra nella clandestinità, oggi divenuta reato. I lavoratori immigrati sono sottoposti ai più duri lavori, molto spesso in condizioni di supersfruttamento, e con il ricatto permanente dell’espulsione. I recenti fatti di Rosarno ci mostrano cosa succede quando i migranti giustamente si ribellano e mettono sotto accusa l’intera catena dello sfruttamento che non si può limitare alle ‘ndraghete, camorre e mafie. Le responsabilità risiedono in un sistema che vede nella forza-lavoro migrante un’occasione d’oro per lucrare profitti, ma anche per coltivare una situazione di divisione interna al mondo del lavoro del tutto funzionale al capitalismo, attizzando l’ostilità dei lavoratori italiani contro i lavoratori immigrati, e nello stesso tempo ipocritamente indicando nel razzismo una malattia da estirpare. Il razzismo va estirpato energicamente, ma a condizione che non diventi l’alibi delle anime belle che così possono continuare nei fatti ad utilizzare come si diceva gli uni contro gli altri. Una logica da ribaltare, che si può fare a condizione che tutte le forze del lavoro imparino a superare le false contrapposizioni e linee di fratture che la classe dominante riproduce continuamente, come quella fra lavoratori italiani e lavoratori immigrati. Quindi un processo che coinvolga tutti i lavoratori. Un lavoro difficile, ma senza del quale è difficile pensare che si possano fare dei passi in avanti, anche sul semplice terreno dell’antirazzismo.

Le manifestazioni di ieri sono state importanti, sicuramente un passo nella direzione di quello che dovrà essere un vero sciopero generale che coinvolga tutti i lavoratori. Uno sciopero del genere richiede molto impegno e tempo. Probabilmente si potrà arrivare ad una scadenza simile per l’autunno prossimo. Ma bisogna stare attenti a come si riempie di significato una scadenza simile. Sicuramente non si può accettare l’impostazione politica di chi pensa che si tratti di dimostrare in questo modo l’insostituibilità del lavoro migrante. Il lavoro migrante in questo modo diventa solo funzione del Capitale e delle sue leggi di movimento, i lavoratori immigrati “servono” e per questo bisogna nutrire nei loro confronti pazienza e tolleranza. No! Una logica del genere non può essere accettata. Serve solo a scavare ulteriormente un fossato fra i lavoratori italiani ed immigrati, ingenerando questa sì una perversa spirale che non può che avvantaggiare chi di questa situazione si approfitta. Ciò che invece si deve mettere al centro dell’attenzione per la costruzione dello sciopero di tutti i lavoratori è la necessità che ci si stringa tutti intorno a parole d’ordine che fanno schieramento da un punto di vista di classe: pari diritti per tutti i lavoratori, difesa del salario, e denuncia dell’uso capitalistico della forza-lavoro migrante. Solo a partire da queste premesse si potrà davvero svolgere una campagna politica e culturale antirazzista e antixenofoba.

Per questi motivi non possono che farci schifo l’ipocrisia di tutti coloro che ieri primo marzo erano in piazza pur condividendo tutte le politiche discriminatorie e razziste che finora si sono avute, dal centrosinistra al centrodestra. Fa rabbia, per esempio, vedere in piazza Vittorio a Roma la signora Turco del Pd, come se non fosse lei (insieme a Napolitano) la firmataria della legge, la “Turco Napolitano” appunto, che in Italia ha istituito i famigerati CPT (Centri di permanenza temporanea) poi diventati appunto CIE. Ma non limitiamoci alla signora Turco, il sostegno all’iniziativa del Primo marzo è, come si dice, bipartisan. C’è il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera Giuliano Cazzola (Pdl) che sostiene le motivazioni dello sciopero: «Gli immigrati vogliono dimostrare non solo di esistere ma di essere indispensabili con il loro lavoro alle attività economiche e sociali del paese: circostanza assolutamente vera». Adesioni anche della storica nemica dei diritti dei lavoratori (vedi referendum contro l’articolo 18), la radicale Emma Bonino (candidata per il centrosinistra alla regione Lazio), che parla di “vera integrazione” e della sua antagonista elettorale Renata Polverini (Pdl) che denuncia «un assoluto ritardo nelle politiche dell’immigrazione». Poi abbiamo la presidente dell’assemblea nazionale del Pd Rosy Bindi che dichiara che il successo della mobilitazione «è una sfida alla politica perché finalmente faccia la sua parte per governare in modo giusto e lungimirante il cambiamento». Dario Franceschini (Pd) si lascia prendere dalle emozioni e descrive una piazza Vittorio (Roma) ricca di «colori, musica, entusiasmi, valori. Sono i nuovi italiani che rendono più bella l’Italia». Il presidente della Camera Gianfranco Fini  (Pdl) dedica il suo incontro con i giovani di cinque licei romani all’immigrazione rilanciando il tema della cittadinanza per gli immigrati, dichiarando che rifirmerebbe la legge che porta anche il suo nome (la Bossi-Fini) sottolineando però che «il tema della sicurezza è il primo tema della società civile ma non risolve il problema della integrazione e dell’armonia della società».

Che dire? da voltastomaco! Ma allora le leggi razziste che da un quindicennio infestano l’Italia chi le ha scritte chi le ha sostenute chi le ha propagandate? Il discorso è che questi veri e propri cialtroni servi e servili sanno bene che parlare in questo modo è politicamente corretto, è in sintonia piena con il capitalismo globalizzato che vede negli immigrati risorsa pura da accaparrare e sfruttare come fosse una miniera a cielo aperto. Questi cialtroni blaterano di accettazione, multiculturalismo, multietnicismo, e multi vari ben sapendo che in questo modo non si mette in discussione nulla si ottiene, anzi, da una parte l’accettazione della funzionalità al sistema della forza-lavoro migrante dall’altra la colpevolizzazione dei lavoratori italiani che – sbagliando – considerano e vivono gli immigrati come dei concorrenti. Questi cialtroni temono come la morte che i lavoratori italiani imparino a considerare invece i lavoratori immigrati come dei naturali alleati nella battaglia in difesa dei propri diritti e interessi. «Stesso lavoro stesso salario!». Per questo dobbiamo batterci, altro che palloncini colorati!

Da questo coro unanime che bela a comando si distingue una forza aggressiva (capitalisticamente parlando) – che ha fatto la sua “fortuna” sfruttando le paure figlie delle incertezze determinate dall’incedere della crisi – la quale non intende sottomettersi all’ideologia del politicamente corretto. Questa forza è la Lega Nord, ed è l’unica che ha pensato di organizzare in contemporanea il primo marzo una contro-manifestazione a Sesto San Giovanni. Riconosciamo la coerenza della Lega, pur detestando questa forza che si caratterizza per una politica nei fatti razzista.

In conclusione, bene essere scesi in piazza, ma adesso si lavori politicamente perché si vada alla vera scadenza dello sciopero che veda uniti lavoratori italiani e lavoratori immigrati nella consapevolezza che i diritti degli uni non si difendono fuori o contro i diritti degli altri.

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9 commenti
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  1. http://www.picturas.it/pensaresenzaschemi/?x=entry:entry090513-164936

  2. Ottimo articolo, del tutto condivisibile.

  3. Ottimo articolo Antonio. Importante soprattutto è sottolineare e far comprendere politicamente come i lavoratori italiani e quelli immigrati solo se agiranno uniti e insieme potranno difendere i loro diritti.

  4. Grazie per gli apprezzamenti, non ho capito il commento di Gennaro. Spesso si fanno discorsi astrusi sull’immigrazione, sembra quasi che si debba decidere se è bella o brutta. Essa c’è, è un dato di fatto, il capitalismo la determina, la condiziona, la sfrutta. Sarebbe bello pensare che le migrazioni potessero cessare, è comunque un obiettivo strategico, almeno per chi lotta per un orizzonte di emancipazione e di liberazione dallo sfruttamento e dall’oppressione. E se c’è, bisogna saper fare i conti con essa, e le strade che si aprono sono due: o rifiuto ideologico degli immigrati (che non vuol dire non sfruttare gli stessi quando e come possibile) o accettazione della necessità di una lotta congiunta tra lavoratori autoctoni e lavoratori migranti. Questa per me, e per noi compagni che ruotano intorno a questa rivista, è la strada da perseguire.

  5. Neanche si tratta di un “fenomeno naturale”, ad es. come la marea che non si può fermare come dicono alcuni in modo molto ideologico. L’immigrazione è stata voluta e favorita attraverso il tacito via libera alle varie mafie che si occupano dell’importazione di schiavi. Per me l’unica posizione razionale e accettabile è limitazione e regolazione dell’immigrazione e piena integrazione e parità di diritti per gli immigrati regolari.

  6. Giusto per “alimentare il dibattito” il mio parere sulla posizione di Antonio sui fatti di Rosarno

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    Antonio Catalano scrive molte cose giuste, ma, allo stesso tempo, è la dimostrazione di quanto sia necessaria una seria riflessione sulla deriva eticistica dell’opposizione succedduta alla disfatta del comunismo come movimento storico. Il comunismo di Marx non voleva essere «dalla parte degli ultimi» nel etico-cristiano, voleva una società organizzata diversamente, più equa, più giusta e quindi più felice, e in questo senso si rivolgeva agli strati inferiori della società che avrebbero dovuto essere quelli maggiormente interessati al cambiamento, tuttavia egli si basava sempre su un’analisi il più possibile accurata e scientifica della situazione concreta, per la quale mise a punto un metodo specifico, senza la quale si regredisce ad un approccio etico, o addirittura caritatevole, che può, contrariamente alle migliori intenzioni, risultare dannoso. Dannoso, non solo complessivamente per la società, ma, talvolta, anche per i singoli che vorremmo beneficiare, accogliendoli nelle nostre ricche città, i quali spesso finiscono per essere attirati in una trappola, in particolare le donne che finiscono a fare le prostitute, ma anche i maschi che finiscono a fare gli schiavi. Essere dalla parte degli ultimi, dei migranti, vuol dire essere favorevoli comunque e in ogni caso all’immigrazione? Va fatta, al contrario, una riflessione spassionata, fredda e razionale su cosa ha significato l’esplosione dell’immigrazione dagli anni ‘90 ad oggi. Non è questa è l’occasione giusta per una riflessione approfondita, tuttavia alcune cose vanno dette. L’immigrazione non è un fatto né negativo né positivo a priori, ma a seconda dei contesti. In generale ritengo che un maggiore intreccio fra le popolazioni sia positivo, tuttavia bisogna vedere i costi che comporta e il contesto in cui si verifica. Per quanto riguarda l’immigrazione di questi ultimi decenni ritengo che sia un fattore sostanzialmente negativo. Essa è stata esplicitamente favorita a partire dalla fase hard del cosiddetto neo-liberismo per abbassare il costo del lavoro, attraverso la competizione al ribasso che inevitabilmente si crea con la forza lavoro locale in un contesto di incipiente crisi economica, Come è possibile portare avanti delle lotte o consolidare delle conquiste nel mondo del lavoro quando il capitale ha a disposizione in abbondanza una forza lavoro disposta a lavorare a un costo inferiore? Ecco perché non si può creare nessun fronte comune con gli immigrati senza una regolazione dell’immigrazione.

    http://www.picturas.it/pensaresenzaschemi/?x=entry:entry100115-163136

  7. In ogni caso io sono del tutto d’accordo sull’unità fra immigrati e “autoctoni”, ma c’è qualche possibilità di realizzarla soltanto con la regolazione dell’immigrazione

  8. Argomenti come i tuoi, Gennaro, sono spesso utilizzati per criticare un’impostazione etico-cristiana (non da biasimare, comunque) contro quella marxista, che, come si sa, è strutturalista. I comunisti non sono dalla parte degli “ultimi”, sono dalla parte della classe dominata perché se non è questa a sollevarsi contro l’oppressione di classe esercitata oggi dai funzionari del capitale non si capisce come si possano costruire dei processi emancipatori, senza comunque scomodare i massimi sistemi e senza cadere nella retorica della classe operaia destinata per missione storica a liberare l’intera umanità eccetera. Non ho mai sostenuto la tesi che l’immigrazione è come le “onde del mare e nessuno le può fermare”, questa è una coglionata non a caso urlata da gente priva di qualsiasi senso di discernimento politico. Ripeto che l’immigrazione non è né bella né brutta, è il portato storico del capitalismo che a ondate periodiche (devastanti) mette in moto determinati processi migratori. Più volte mi sono espresso su questo tema, lo faccio nell’articolo che (spero) presto sarà pubblicato sul prossimo numero della rivista Comunismo e Comunità. L’immigrazione interna, dal Sud al Nord dell’Italia, non è stata affatto un fatto positivo dal punto di vista della tenuta delle comunità “ospitanti”, ciononostante ha messo di fronte i lavoratori del nord alla necessità di coordinarsi e lottare insieme ai “conigli” (come erano chiamati i meridionali a Torino) del Sud. Oggi l’economia capitalistica utilizza la forza-lavoro migrante per risparmiare sui costi di produzione e nello stesso tempo per depotenziare il potere contrattuale della manodopera locale. Niente di nuovo sotto il cielo, solo che oggi, almeno per noi italiani, il fenomeno si mostra con un’evidenza prima non evidente. Se il padronato non avesse interesse a contenere i costi del lavoro e ad utilizzare gli immigrati come fattoire di pressione e di ricatto non si capirebbe perché c’è una legislazione fortemente punitiva che fa di tutto per mettere gli immigrati in condizioni di “irregolarità”, fino a decretare la clandestinità reato. Lenin invitava i partiti dell’Internazionale Comunista a favorire nella classe operaia dei paesi imperialisti rapporti di fratellanza verso gli operai immgrati, e se insisteva su questo piano non era perché si fosse convertito ad un atteggiamento etico-cristiano.

  9. Resto il nodo del controllo dell’immigrazione. A mio parere la richiesta popolare in tal senso è legittima, anche se poi in tale richiesta vi si possa mescolare il vero e proprio razzismo. L’immigrazione incontrollata è una manna per il Capitale e uno strumento di ricatto molto forte verso i lavoratori.

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