Proletariato e partito

giu 9th, 2010 | Di | Categoria: Contributi

di Michele Castaldo

“ Il proletariato si costituisce in classe e si dà in partito politico”
K. Marx

Il problema sul quale mi sono interrogato e che cerco da alcuni anni di porre – negli ambiti di dibattito ai quali ho avuto modo di partecipare da militante attivo per oltre 45 anni – è in rapporto al determinismo, quale concezione teorica e politica coerente sia rispetto ai movimenti di massa, sia rispetto al partito, sia rispetto ai comunisti, sia rispetto – conseguentemente – al singolo “comunista” quale singolo militante ecc. ecc. e giù giù fino alla cosiddetta ‘scelta individuale ‘ ed al “libero arbitrio”.

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2 commenti
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  1. Caro Michele,

    innanzitutto complimenti per l’articolo(pur non condividenone alcune tesi). Ovviamente in un commento di un sito è impossibile sviscerare tutte le problematiche che poni. Quindi vorrei farti alcune domande:

    a) tu parli di Proletariato e di Classe. Ma proprio perchè, come scrivi giustamente, dobbiamo apportarci al reale e non all’ideale(o,per meglio dire,ad una tesi preconfezionata e buona per tutte le stagioni), non ho capito cosa intendi quando parli di proletariato. Cosa sarebbe il proletariato? L’operaio ed il salariato o coinvolgere in questa categoria alcuni spezzoni sociali che non rientrano nella classica definizione marxista?

    b) Giustamente scrivi che i problemi dei partiti comunisti e,in particolare della III Internazionale, non siano da additare a tradimenti e traditori. Ma siamo sicuri però che tutto sia derivato esclusivamente dall’azione del cosiddetto “corruttore”. Non trovi che questo modo di pensare(la colpa non è del corrotto ma del corruttore) sia di tipo moralistico? Per quanto mi riguarda né a corrotti né a corruttori ma alle interne contraddizioni di quei partiti. Ai loro riferimenti meramente economicisti e che confusero il senso del collettivo e della comunità con l’annullamento dell’individuo.

    c) infine(anche se ci sarebbero altre cose da dire): Scrivi “Se il partito dovesse essere la coscienza del proletariato, bisognerebbe spiegare di cosa sarebbe cosciente,perché sarebbe cosciente, ed inoltre il perché in un determinato momento”. Secondo me la coscienza è l’elemento fondamentale per ogni proposta non solo rivoluzionaria ma emancipativa facendo sì che “il proletariato abbia una coscienza altamente sviluppata della propria situazione, che esso si trovi ad un grado relativamente alto di sviluppo — presuppone dunque una lunga evoluzione anteriore. Si tratta del cammino dall’utopia alla conoscenza della realtà; del cammino che conduce dalle posizioni trascendenti di scopi dei primi grandi pensatori del movimento operaio sino alla chiarezza della Comune del 1871: la classe operaia non ha «da realizzare alcun ideale», ma «soltanto porre in libertà elementi della società nuova» ; del cammino che conduce dalla classe «rispetto al capitale» alla classe «per se stessa».” (G. Lukacs, “Storia e coscienza di Classe”)

  2. Come dice Costanzo Preve, Marx non ha mai “coerentizzato” il suo pensiero, cioè non lo ha trasformato in una dottrina rigida. La sistemazione canonica del marxismo è opera di Engels, Kautsky ecc. ecc. Quindi molte questioni filosofiche – come quella del determinismo – sono oggetto di dibattiti e di interpretazioni contrastanti. Anche se dal punto di vista della filosofia della storia, Marx è (molto spesso, ma non sempre…)finalista… cioè ritiene che i passaggi intermodali siano determinati dalle condizioni oggettive e materiali, egli non è determinista. Non lo è, in quanto ritiene l’uomo un “ente naturale generico” che crea le proprie condizioni storiche. Per citare un esempio molto noto: l’ape è determinata dalla natura e non può che costruire solo e sempre le medesime cellette. L’uomo, all’opposto, crea le cattedrali goriche e i grattaceli… e nel fare ciò è condizionato (questo sì) ma non determinato a priori. L’uomo, quindi, anche quando è alienato, non è mai privo della capacità di sopprimere l’alienazione.

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