Gianni Riotta, Umberto Eco e il potere culturale dei dominanti

nov 2nd, 2010 | Di | Categoria: Cultura e società

di Rodolfo Monacelli

E’ domenica. Si esce a comprare il “Sole 24 ore” per leggere il sempre interessante inserto culturale domenicale. In prima pagina vi è una recensione sul nuovo romanzo di Umberto Eco, “Il cimitero di Praga”, a 30 anni di distanza da “Il nome della Rosa”. Il romanzo, nelle intenzioni dell’autore, dovrebbe essere un atto di accusa nei confronti dell’antisemitismo, mettendosi dalla parte degli antisemiti rappresentati dall’orrida figura di Simone Simonini autore dei falsi “Protocolli dei savi anziani di Sion”, creati per dimostrare la “congiura ebraica”.

Che in quest’epoca storica si scriva un romanzo su questo argomento quando, a parte minoranze marginali e giustamente marginalizzate, non sia presente un pericolo antisemita ma, piuttosto, un antisemitismo nei confronti degli arabi e dei palestinesi da parte dello stato colonialista e razzista di Israele,  induce a pensieri malevoli. Iniziamo però a leggere. L’articolo è firmato Gianni Riotta, autorevole esponente del potere culturale di questo paese, passato senza problemi  da Il Manifesto al Corriere della Sera e al Sole 24 ore.

L’articolo, come è ovvio che sia, non ha nulla di critico né di letterario. E’ tutta una reprimenda del buon Riotta contro il complottismo: «Secondo le teorie della cospirazione sul web, tutto quel che crediamo di sapere è falso, nessun ebreo è morto alle Torri Gemelle, l’Aids è diffuso dalla Cia, il fluoro immesso nell’acqua dalla setta degli Illuminati, Clinton ha ucciso 60 rivali, Obama è un musulmano di Al Quaeda, Lady Diana è morta perché non rivelasse i piani extraterrestri di invasione del pianeta, la guerra in Afghanistan è scoppiata per costruire un oleodotto».

Il tono è certamente ideologico, ma i concetti sostanzialmente condivisibili. Ad un certo punto dell’articolo Riotta inserisce in questo gran calderone un piccolo inciso, che quasi non si nota, e che riportiamo fedelmente:

«Stesso metodo nei pamphlet no global del linguista Chomsky: dati autentici dal Financial Times e dall’Economist vengono frullati dall’odio politico in conseguenze assurde (vi prego, complottisti, non inondatemi di mail su questo: mi arrendo subito!)»

Purtroppo non siamo complottisti e non possiamo dunque inondarlo di mail, ma siamo costretti a limitarci a commentare questa assurdità. Quanto questo enunciato sia insensato e contro ogni deontologia giornalistica è sotto gli occhi di tutti: non una citazione, non un riferimento, non un caso specifico. Nulla di nulla. Una frase, o sarebbe meglio dire una diffamazione a mezzo stampa, contro un nemico politico, contro un personaggio scomodo.

E’ questa ormai la nuova logica dell’attacco politico. Non si attacca più direttamente il personaggio fastidioso alla logica di potere (al di là che si possa condividere o meno tutto ciò che scrive Chomsky), ma si insinua in articoli o trasmissioni che apparentemente non c’entrano nulla (in questo caso un articolo di critica letteraria, in altri potrebbe essere di sport, di cronaca, di attualità), non più argomentando l’attacco ma insinuando in perfetto stile mafioso.

Una logica di questo genere dovrebbe essere contrastata duramente da una controcultura. Ma oggi nell’ambito comunista, e non solo, dove si trova? Non esiste e quando esiste è perfettamente integrata nella stessa  logica di potere del direttore del Sole 24 Ore. Per questo, a parere di chi scrive, quando oggi ancora più di ieri la cultura viene utilizzata per la criminalizzazione del dissenso e per l’integrazione di tutti coloro che si oppongono al sistema economico e politico capitalistico, necessario e fondamentale è il comprendere come la lotta debba essere svolta da un duplice punto di vista: politico e culturale, teoria e prassi. Del resto nulla di nuovo. Già Antonio Gramsci, ormai mai citato se non a sproposito, affermava la necessaria diffusione di una visione del mondo di classe, prima ancora che la conquista del potere politico, che permetterà il passaggio dall’appartenenza di classe alla coscienza di classe.

«[…]Anche l’unità di teoria e pratica non è quindi un dato di fatto meccanico, ma un divenire storico, che ha la sua fase elementare e primitiva nel senso di distinzione, di distacco, di indipendenza appena istintivo, e progredisce fino al possesso reale e completo di una concezione del mondo coerente e unitaria. Ecco perché è da mettere in rilievo come lo sviluppo politico del concetto di egemonia rappresenta un grande progresso filosofico oltre che politico-pratico, perché necessariamente coinvolge e suppone una unità intellettuale e una etica conforme a una concezione del reale che ha superato il senso comune ed è diventata, sia pure entro limiti ancora ristretti, critica» (A. Gramsci, Il materialismo storico, pp. 13-14)

Post scriptum per gli antiberlusconiani in servizio effettivo permanente: Gianni Riotta (così come il sionista Roberto Saviano) è antiberlusconiano!

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4 commenti
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  1. [...] Continua la lettura con la fonte di questo articolo:  Gianni Riotta, Umberto Eco e il potere culturale dei dominanti … [...]

  2. Dalla piacevoloissima inesperienza e quindi posizione privilegiata,dei miei 18 anni, non posso che essere compiaciuta e consapevolmete affascinata…
    Grazie !

  3. Ottimo articolo!. Hai colto perfettamente alcuni aspetti cruciali delle misere tecniche (ma efficaci) con cui l’ideologia politico-culturale dominante si diffonde, si rinforza e acquista senmpre maggiore egemonia. Purtroppo ora come ora non vi è nessuna possibilità di fare una concreta opposizione culturale, vista la scarsità di mezzi a nostra disposizione, quindi rimbocchiamoci le maniche e cominciamo a costruire le basi di un’opposizione seria e possente!

  4. Ti ringrazio Federico. Bisognerebbe però averne almeno consapevolezza. Ed il problema è che anche nel campo che si vuole antagonista non c’è neanche più quella….

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