Filosofia o teoria critico-rivoluzionaria?

ott 29th, 2009 | Di | Categoria: Contributi, Teoria e critica

Filosofia o teoria critico-rivoluzionaria?

È possibile la filosofia nella società capitalistica del XXI secolo?

Ha un senso oggi riflettere intorno al rapporto tra teoria critica – o radicale – della società e filosofia? In che senso si può ancora pensare il mondo (la società con annessa natura) in termini filosofici? E ancora: ma cos’è mai questa cosiddetta «teoria critica»? Più che a rispondere a queste tre domande – un compito che evidentemente esubera le mie modeste capacità –, nelle pagine che seguono tenterò di abbozzare un ragionamento che si sforzi di condurle su un terreno fecondo dal punto di vista di chi, come il sottoscritto, non solo desidera comprendere «l’intima essenza delle cose», ma si ponga pure il problema di come cambiarle. Perché incontestabilmente «le cose», per l’uomo, non vanno affatto bene, e anzi mostrano di poter peggiorare ulteriormente, con una progressione e una necessità davvero impressionanti. Che il peggio non conosca alcun limite, nella società disumana del XXI secolo è molto di più che un luogo comune. In effetti, se l’uomo non esiste, tutto il peggio è possibile. Questo lo aveva capito bene già Dostoevskij, ben prima dei campi di sterminio nazisti, dei gulag, delle guerre mondiali e dei milioni di morti per fame, per sete e per malattie.

Più la società destabilizza «oggettivamente» il senso della vita, e più si amplia il mercato delle filosofie, delle religioni, delle ideologie chiamate a colmare un vuoto esistenziale che non cessa di tormentare i corpi e le anime degli individui, e non solo di quelli umanamente più sensibili. Il Pastore Tedesco assiso al Sacro Soglio si lamenta per l’incontrollata diffusione delle religioni «fai da te»; la Scienza Ufficiale stigmatizza il rafforzarsi di un misticismo di massa che certo non rende un buon servizio a una più razionale condotta degli affari pubblici e privati, e pure l’Accademia Filosofica ha di che rammaricarsi per la riduzione della regina delle «Scienze dello Spirito» a mero strumento del marketing e delle public relations. Da «debole» che era, il pensiero in generale e il pensiero filosofico contemporaneo in particolare si è fatto evanescente. Ma più che la forza, il pensiero che ricerca non solo la verità, ma la vita vera, vuole conquistare profondità e totalità, in modo da conferire un senso, senso umano, alla vita umanamente indigente e insensata degli individui alle prese con la società capitalistica globalizzata del XXI secolo. E intanto il milieu filosofico progressista occidentale si dà annualmente convegno alla Sorbona nel tentativo di ribadire l’attualità teorica e politica del barbuto di Treviri, in arte Marx1. Come Nietzsche, anch’io nutro qualche dubbio sul fatto che dall’Accademia, ancorché rigorosamente «altermondista», possa venir fuori qualcosa di veramente fecondo. Ma il pulpito dal quale parlo – sono un mero amante della verità: «ma cos’è la verità?», come chiese lo scettico Romano al povero Giudeo – non mi consente di azzardare critiche inappuntabili dal punto di vista della Filosofia che vuole dirsi scientifica e desidera farsi Scienza.

Contribuire all’elaborazione di un pensiero autenticamente critico e profondo, ossia radicale nel senso che cercherò di spiegare nelle pagine che seguono: è questo l’intento che mi ha ispirato.

Note

1. Faccio riferimento, ad esempio, ai cicli di seminari organizzati nel 2008 da Jean Salem, nostalgico del mondo prima della caduta del muro di Berlino, dedicati a Marx nel ventunesimo secolo: lo spirito e la lettera, che hanno visto come protagonisti filosofi del calibro di Slavoj Žižek, Quentin Meillassoux, Luciano Canfora, Isaac Johsua e molti altri ancora.

Per leggere il testo in formato .doc, clicca qui: S. Isaia, Filosofia o teoria critico-rivoluzionaria? È possibile la filosofia nella società capitalistica del XXI secolo? (24 pp.)

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