A Davos Pechino respinge il neoliberismo del Grande Reset

nov 18th, 2021 | Di | Categoria: Politica Internazionale
Stefano ZecchinelliA Davos Pechino respinge il neoliberismo del Grande Reset

di Stefano Zecchinelli

 

Tra il 25 ed il 29 gennaio 2021, i leader mondiali hanno preso parte alla conferenza digitale intitolata “The Davos Agenda” per discutere della transizione neoliberista al Grande Reset definita da Edward Snowden nuova Architettura di Potere. Pochi storici e giornalisti investigativi hanno evidenziato come il superamento del capitalismo finanziario verso la digitalizzazione dell’economia, fosse stata prospettata nel 1970 da Zbigniew Brzezinski in un misconosciuto lavoro teorico, “Between Two Ages: America in the Technotronic Era”, dove il maggiore Geopolitico dell’unilateralismo USA scrive: “L’era tecnotronica implica la graduale comparsa di una società più controllata. Una tale società sarebbe dominata da un’élite, svincolata dai valori tradizionali. Presto sarà possibile esercitare una sorveglianza pressoché continua su ogni cittadino e mantenere aggiornati archivi completi contenenti anche le informazioni più personali sul cittadino. Questi file saranno soggetti a recupero istantaneo da parte delle autorità” 1 (citato da Matthew Ehret, SCF 1 febbraio 2021). Ci troviamo dinanzi ad una nuova era.

Il giornalista investigativo Matthew Ehret ha spiegato come l’establishment neoliberista abbia celebrato la crisi provocata dalla pandemia per Covid-19 trasformandola in un’occasione per accelerare le politiche neoliberiste di distruzione della sovranità costituzionale ed annichilimento della forza lavoro, una revisione ideologica che per l’analista Pepe Escobar instaurerebbe un antistorico neofeudalesimo capitalista; la matrice ideologica del Grande Reset neoliberista risiede nella dottrina economica del pastore protestante Thomas Malthus, la decrescita demografica. Soltanto il presidente russo Vladimir Putin e lo statista cinese Xi Jinping hanno respinto l’agenda di Washington per la guerra globale ed il passaggio al capitalismo di sorveglianza, basando la loro concezione della globalizzazione non imperialista sul paradigma del ‘’sistema aperto’’ e dello ‘’sviluppo sostenibile’’. Matthew Ehret, con l’eccellente articolo Xi e Putin difendono l’umanità a Davos, si domanda quale versione del Grande Reset uscirà vincitrice alla fine.

La Cina è nemica del neoliberismo

Il presidente Xi ha individuato quattro grandi problemi che le forze anti-neoliberiste devono risolvere:

  • La risoluzione dei problemi macroeconomici nei paesi sottosviluppati.
  • L’abbandono del mondo unipolare e la coesistenza pacifica fra diversi modelli produttivi (nel 1956, Mao contestò da sinistra questa posizione sistematizzata da Cruscev).
  • Colmare le disuguaglianze nord-sud seguendo lo schema, negli scambi commerciali, vincente – vincente.
  • Affrontare uniti le sfide globali.

Contrapponendosi ai neoconservatori di Washington, coloro che hanno pianificato lo scontro di civiltà e la ‘’guerra infinita ‘’, lo statista cinese ha decostruito metodicamente l’americano-centrismo dei nuovi strateghi del capitale:

“La differenza di per sé non è motivo di allarme. Ciò che provoca allarme è l’arroganza, il pregiudizio e l’odio. È il tentativo di imporre la gerarchia alla civiltà umana o di imporre agli altri la propria storia, cultura e sistema sociale. La scelta giusta è che i Paesi perseguano una convivenza pacifica basata sul rispetto reciproco, trovando solo un terreno comune, accantonando le differenze e promuovendo gli scambi e l’apprendimento reciproco. Questo è il modo per dare impulso al progresso della civiltà umana” (Ibidem)

Non è casuale l’accanimento geopolitico dello Stato profondo USA verso le nazioni alleate (tattiche e strategiche) della Cina. Fidel Castro definì le potenze imperialiste egemonizzate dalla proiezione unipolare del Pentagono in quanto potenze sotto-sviluppanti: grandi nazioni che impongono il sottosviluppo. La Dottrina Xi – al di là del dibattito ideologico aperto ed alcune correnti (decisamente non marxiste) che il PCC tollera al proprio interno – mantiene come riferimento teorico il marxismo-leninismo ed attinge dalle tesi di Mao Tse Tung su La nuova democrazia. Pechino non investirà sulla decrescita e sulla green economy che tanto piace all’Elite neoliberista, ma sul progresso scientifico unito alla modernizzazione industriale e sulla difesa degli Stati nazionali sovrani come delineato dall’ONU.

Il Partito comunista cinese sostiene una economia di pace. Xi Jinping non è Ernesto ‘’Che’’ Guevara, predilige la diplomazia alla radicalizzazione del conflitto di classe e distingue l’imperialismo (negativo) dalla globalizzazione (da definire); il globalismo teorizzato dallo statista cinese si basa sulla mondializzazione del Welfare State ed il progressivo abbandono del neoliberismo. La stabilizzazione dell’Eurasia è il primo passo d’una, autentica, Rivoluzione geopolitica. In questi termini è auspicabile che la Via della Sete possa diventare una ‘’Strada della Salute’’ dall’Asia all’Europa: i vaccini russo e cinese hanno una efficacia che s’attestata al 95%, un risultato straordinario ed uno smacco alle case farmaceutiche anglo-statunitensi.

L’economista Peter Koenig, uno dei maggiori studiosi del Grande Reset, ha prospettato una rivoluzione passiva neosocialista, guidata dalla Cina, all’interno dell’establishment neoliberista, leggiamo:

‘’Entrando in questo nuovo “tempo di grandi cambiamenti”, la Cina potrebbe immaginare di guidare la riforma dell’OMC filo-occidentale per dare al Sud del mondo, alias Paesi in via di sviluppo, maggiore voce nelle politiche commerciali internazionali, portando il mondo verso uno sviluppo più equilibrato per tutti i Paesi. La Cina potrebbe anche sforzarsi di modificare le politiche fiscali del FMI, consentendo ai Paesi emergenti di sviluppare le proprie capacità e di utilizzare le proprie risorse naturali in modo indipendente, secondo le proprie esigenze e, se necessario, con assistenza tecnica internazionale che non li asserva, cosa che secondo le attuali regole e condizioni del FMI/Banca mondiale non è. In questo senso, la Cina potrebbe assumere un ruolo di primo piano nell’aiutare a coordinare al meglio le politiche macroeconomiche dei Paesi, attraverso il meccanismo del G20’’ 2

La politica della persuasione, al di là delle conoscenze tecniche acquisite da Pechino unito all’Internazionalismo della nuova Sinistra Maoista, difficilmente ‘’convertirà’’ chi con cinismo e nella totale indifferenza ha pianificato la distruzione d’una porzione del pianeta: la nuova classe capitalista transnazionale anglosassone ed il Pentagono, i veri artefici della declinazione tecnocratica del Grande re-settaggio definita da alcuni analisti (come il reporter antimperialista Fulvio Grimaldi) tecno-fascismo. La Cina ha affrontato questa crisi epica promuovendo l’equità, difendendo il diritto alla salute senza compromettere l’economia produttiva; gli USA hanno occidentalizzato la catastrofe, spettacolarizzando il fallimento del proprio sistema sanitario ed utilizzando l’inetto Donald Trump come capro espiatorio. La crisi del ‘’regime’’ nord-americano inizia alla fine degli anni ’60 con la distruzione controllata del sistema di Sicurezza Nazionale creato anni addietro da Roosevelt e Sabin. A Washington nessuno è politicamente innocente.

Per il sociologo marxista James Petras la differenza l’ha fatta la selezione della classe dirigente:

‘’La Cina ha selezionato leader che hanno evidenziato capacità e serietà nell’indagare e punire oltre un milione di funzionari e plutocrati corrotti. Gli investigatori anti-crimine  sono stati riconosciuti come leader ‘puliti e dediti al lavoro’.

Al contrario, l’amministrazione statunitense ha ripetutamente nominato i criminali di Wall Street a posizioni di alto livello nel Tesoro, nella Federal Reserve e nel FMI con risultati disastrosi per la cittadinanza, senza capacità di analisi o correzione’’ 3

L’aver mantenuto la pace e l’amicizia con gli altri paesi fa di Pechino un partner affidabile per l’Europa, contrariamente Washington ha condotto guerre tanto brutali quanto disastrose per se stessi e per le nazioni coinvolte dalla follia paranoide dei neoconservatori. Il rifiuto del neoliberismo del Grande Reset rappresenta una difesa delle rivendicazioni storiche della classe operaia, tutto quello che la sinistra ‘’imperiale’’ (sinistra bianca, utilizzando le parole dei nuovi maoisti) ha colpevolmente rimosso.

 https://www.scenariglobali.it/mondo/a-davos-pechino-respinge-il-neoliberismo-del-grande-reset/

 

http://aurorasito.altervista.org/?p=15208

http://aurorasito.altervista.org/?p=15113

https://albainformazione.wordpress.com/2017/12/03/18837/

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