Problemi Scuola Oggi

nov 19th, 2022 | Di | Categoria: Dibattito Politico

 

 

Problemi Scuola Oggi

 

Lo scorso dicembre è stato presentato l’Education and Training Monitor 2021, l’analisi annuale della Commissione europea sull’istruzione. Su 31 Paesi europei analizzati, l’Italia si posiziona all’ultimo posto per percentuale di spesa pubblica complessiva (non solo governativa) destinata all’istruzione, a fronte, ad esempio, di un dodicesimo posto perfettamente in media UE per le spese della difesa. I dati utilizzati per il report sono direttamente consultabili su Eurostat.                                        In particolare il nostro Paese investe in istruzione l’8% della spesa pubblica totale. La Grecia, penultimo Paese, investe l’8,3%. La media UE è del 10%, mentre Francia e Germania si attestano rispettivamente sul 9,5% e 9,6%. Il Paese UE più virtuoso è l’Estonia che destina all’istruzione il15,5% della spesa pubblica, superata extra UE da Islanda (16,1%) e Svizzera (16,6%). La situazione italiana non migliora di molto se si considerano altri indicatori. L’Italia è ultima per la spesa per l’istruzione terziaria (detta anche istruzione superiore: università e altre scuole a cui si accede dopo le scuole superiori), con solo lo 0,6% della spesa pubblica totale (media UE 1,6%, i migliori sono Danimarca e Finlandia 3,2% e Svizzera 3,8%). All’istruzione primaria l’Italia destina il 2,9% della spesa pubblica (media UE 3,4%) e all’istruzione secondaria il 3,7% (media UE 3,8%).                                                                                                                L’Italia rimane sotto la media europea anche se si guarda alla spesa pubblica per l’istruzione in percentuale sul PIL: nel 2020 è stata il 3,9% del PIL, in diminuzione rispetto al 2010, quando era stata il 4,3%. La media dell’Unione europea è il 4,7% del PIL nel 2020 (il 5,0% nel 2010).

Altra pesante criticità che coinvolge il sistema di istruzione italiano è sul fronte dell’abbandono scolastico precoce: il tasso di abbandono italiano è del 13,1% (18,6% nel 2010), contro una media UE del 9,9% (13,8% nel 2010). Meglio solo di Islanda (14,8 per cento), Romania (15,6), Spagna (16) e Turchia (26,7). All’interno dell’Italia vi sono poi diseguaglianze profonde tra Nord e Sud in tutti gli aspetti quali edilizia scolastica, tempo pieno, servizi mensa. Secondo il XXI rapporto di Ecosistema Scuola (dati 2020), l’indagine di Legambiente sulla qualità dell’edilizia scolastica e dei servizi, che fa il punto sullo stato di salute di 7.037 edifici scolastici di 98 capoluoghi di provincia, frequentati da oltre 1,4 milioni di studenti, nel meridione il 56% degli edifici ha bisogno di interventi urgenti (che per di più sono in area sismica 1 e 2 nel 74% dei casi, trenta punti percentuali sopra la media nazionale che è di 44%) contro il 36% di quelli del nord; restano troppo pochi al sud i servizi legati a mensa, trasporto scolastico e tempo pieno, quest’ultimo attivo solo nel 16% delle scuole, in quanto in diverse scuole, le cui costruzioni risalgono addirittura all’800, mancano gli spazi adatti e le mense che possano consentire il tempo pieno.                      Nel dettaglio, in Calabria solo il 28,5% delle classi garantisce 40 ore settimanali, in Campania il 22,3%, in Sicilia l’11,6%, contro il 55,6% in Toscana e il 54% in Lombardia.                Senza dimenticare poi gli stanziamenti: la Campania può destinare solo 8 milioni agli asili nido, contro i 37 della Lombardia e i 15 che ne stanzia l’Emilia Romagna.

Un altro problema alla base sono il numero degli insegnanti, decisamente più elevato al Nord rispetto al Sud: al Nord si ha in media un docente per 10 alunni (109 per istituto), nel Meridione c’è un insegnante ogni 13,5 studenti (91 per istituto). Al Sud ci sono 231.051 docenti per 2.528 scuole pubbliche, al Nord ci sono invece 356.100 insegnanti per 3.266 scuole.

In tale scenario, unito anche a una mancata riforma della scuola media che doveva essere innalzata da 3 a 5 anni, coincidenti con i 16 anni, il termine dell’obbligo scolastico, con la conseguenza che i ragazzi a 14 anni, entrano in un sistema selettivo, cioè boccia e esclude, nel momento più fragile dell’obbligo, quello conclusivo e fortemente differenziato per indirizzi, in cui questi sono gerarchizzati e segreganti dal punto di vista sociale, l’abbandono scolastico, che come sopraccitato è un problema nazionale i cui dati sono superiori alla media dell’Ue, toccano tassi drammatici nelle le regioni del Sud, con una media del 19 per cento (la Calabria è al 20,2, la Sicilia addirittura al 23,4). Questo tale scenario, oltre a problemi storici mai superati del tutto nemmeno nel “Età d’oro“ della Prima Repubblica egemonizzata da DC-PCI-PSI e caratterizzata dalle politiche socialdemocratiche di redistribuzione della ricchezza e principi socialisti e cristiano-sociali della Costituzione del 1948 di non lasciare nessun cittadino indietro che portarono a notevoli investimenti nell’istruzione e nell’assunzione massiccia di insegnanti e bidelli nelle scuole, è dovuto a una politica neoliberista, perseguita sia dai governi di centrodestra, sia da quelli di centrosinistra e sia da quelli “tecnici”, di tagli indiscriminati all’istruzione che insieme alla sanità risulta il settore maggiormente colpito dai tagli, dove si segnala il passaggio della spesa dell’istruzione sul PIL dal 4,8 % del 2008 al 3,9 % di oggi quasi un punto percentuale.                            La carenza di insegnanti, che vivono inoltre lo storico problema del precariato alimentato dalla confusione normativa sulle assunzioni, porta al fenomeno delle classi pollaio di 25-30 alunni, con la conseguenza che gli alunni non possono esser seguiti al meglio come dovrebbe essere. Una carenza che si ripercuote soprattutto nella mancanza di insegnanti di sostegno, con la conseguenza che agli alunni disabili o con difficoltà di apprendimento non venga soddisfatto o persino negato il proprio diritto allo studio. La carenza del Personale ATA, formato da bidelli, applicati di segreteria e assistenti tecnici, è ancora più grave e marcata. La carenza di bidelli che non sono meno importanti degli insegnanti, dovuta a un folle criterio, istituito dalla Riforma Gelmini di un bidello ogni 100 alunni (100 alunni che possono stare benissimo anche su tre piani, quindi solo in un piano viene garantita la sorveglianza e gli altri due no, per fare un esempio), porta non solo a una grave carenza relativo alle pulizie della classe (ci sono scuole dove un bidello si ritrova a pulire 10 classi e bagni in un’ora o poco meno) ma soprattutto a un discorso di sicurezza relativo alla sorveglianza del corridoio, portineria e spazi scolastici in generale. Sono recenti dei casi di cronaca di bambini, soprattutto quelli con problematiche mentali, fuggiti da scuola e ritrovati a casa o in un bar di fronte che sono usciti proprio perché non c’era nessuno a sorvegliare, causa la carenza di personale.              E se disgraziatamente un alunno finisce sotto una macchina o gli succede qualcosa, i bidelli vanno nel penale. Il tutto per poco più di 1000 euro al mese. Inoltre la maggioranza dei bidelli di ruolo e molti supplenti ha una media di 50-60 anni e anche se volessero con tutta la loro volontà pulire bene e sorvegliare non ce la fanno per i problemi fisici dovuti all’età.                                                                                                                                   Di conseguenza lavorando in condizioni di sotto-organico e sotto stress il tasso di malattia è piuttosto alto.                               Inoltre molti plessi scolastici, soprattutto nei piccoli centri, sono chiusi proprio per la carenza di bidelli. La carenza del personale della segreteria lede gravemente invece il diritto a dei buoni servizi amministrativi per tutto il personale della scuola e per le famiglie, non è casuale che nella mia esperienza di supplenze che svolgo a scuola come bidello, il 90 % siano inefficienti. E sono inefficienti non solo per via che spesso il personale non è formato a sufficienza ma soprattutto perché vi è una carenza di personale. Per fare un esempio una segreteria per funzionare efficientemente ha bisogno di un applicato che fa lo smistamento delle email verso i vari profili, ossia verso l’impiegato che si occupa delle malattie o 104 dei bidelli, quello che si occupa dei docenti e verso il DSGA (Direttore dei Servizi Generali Amministrativi, la figura subito dopo quella del preside che gestisce il Personale Scolastico e le spese scolastiche) e preside. Più tre applicati che si occupano invece delle richieste delle famiglie e dei rapporti con l’esterno, tipo rapporti con il Comune per eventuali guasti, rifornitori del materiale scolastico eccetera.  Purtroppo però non è così e spesso ci sono solo tre massimo quattro applicati che si ritrovano a gestire le esigenze di più plessi scolastici. L’accorpamento delle scuole in Istituti Comprensivi con una unica segreteria centrale per più scuole ha portato a una scure di tagli sul personale della segreteria, una volta quando le scuole avevano tutte la propria segreteria funzionavano nettamente meglio.                              La carenza di personale scolastico ha vissuto una piccola pausa nel biennio 2020-2022. Nel 2020 infatti il Governo Conte II per garantire il rispetto delle norme sanitarie di distanziamento e per fronteggiare la pandemia, approvò un organico aggiuntivo, detto “organico Covid”, quantificato in 75.000 unità, di cui 50.000 tra il Personale ATA e 25.000 docenti. L’ “organico Covid” servì a coprire la carenza di personale che le scuole si portavano dietro dai tagli della Gelmini e che permise lo sdoppiamento delle classi e un generale miglioramento del servizio scolastico.  Successivamente è stato abbassato a 50.000 dal Governo Draghi per l’anno scolastico 2021/22 e riconfermato attraverso odiosi rinnovi trimestrali e solo su pressione di alcuni partiti politici come il Movimento 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia presenti in Parlamento e non riconfermato dal Governo Draghi al suo crepuscolo per l’anno scolastico 2022/23 facendo ripiombare la scuola nella situazione di

insostenibile carenza di personale con classi pollaio e molti plessi scolastici chiusi a causa della carenza di bidelli. E il Governo Draghi, spietato con la scuola pubblica e con tutto il suo personale al tempo stesso al tempo stesso e nello stesso periodo è stato piuttosto magnanimo nell’invio di 200 milioni di euro all’Ucraina per pagare gli stipendi degli insegnanti ucraini, che insegnano a odiare i “mostri russi” volendo insultare pubblicamente tutta la scuola pubblica italiana, il suo personale, gli studenti e le famiglie. La carenza di personale scolastico, per i motivi sopraccitati quali assenza del tempo piano, numero insufficiente di edifici destinati a uso scolastico e quelli presenti assolutamente insoddisfacenti a garantire un ottimo servizio scolastico pubblico, colpisce in maniera drammatica soprattutto le regioni meridionali con un danno non solo per gli studenti che studiano in una vera e propria scuola di Serie B, ma crea anche un danno occupazionale.                                                                                    Il problema della disoccupazione, più contenuto ieri e drammaticamente alto oggi a causa della chiusura delle numerose aziende partecipate di Stato negli ultimi 30 anni, e l’assenza di grandi aziende nel Sud e Isole storicamente e tutt’oggi ha portato che il personale della scuola è composto per l’80 % da meridionali, il cui posto da insegnante o da bidello è sempre stato visto come un “posto fisso d’oro” molto ambito contrariamente a quanto accade al Nord, dove la presenza di numerose fabbriche, aziende e del lavoro in generale porta invece la maggioranza dei settentrionali a snobbare i lavori di docente, bidello e in generale il lavorare nella scuola.                                                                                 Ciò porta che molte persone del Sud e Sicilia emigrano nelle Province del Nord o a Roma per poter lavorare come insegnanti, bidelli, applicati di segreteria, vivendo il girone dantesco del precariato della Terza Fascia, andando a dormire in stanze affittate con più persone, in istituti religiosi o persino nei dormitori pubblici visti i bassi stipendi e l’alto costo della vita nelle Province del Nord e a Roma.                   Sacrifici finalizzati a prendere il ruolo, facilmente conseguibile rispetto al lavorare a casa (per fare un esempio la Prima Fascia del Personale ATA, ossia bidelli e impiegati precari che hanno lavorato 24 mesi, anche non continuativi, di supplenze, che in quasi tutte le province italiane è garanzia di supplenze annuali fino al 30 giugno o 31 agosto, anticamera del ruolo, nella Provincia di Napoli si rischia di rimanere a casa o lavorare solo su supplenze giornaliere come se uno fosse all’inizio dell’esperienza della Graduatoria di Terza Fascia, ossia il Concorso per titoli che esce ogni tre anni per aggiornamento e nuovi inserimenti) e una volta preso il ruolo poi poter chiedere il trasferimento e finalmente tornare a casa a Napoli, Palermo, Cosenza, Catania, Lecce eccetera, anche se i docenti hanno purtroppo un odioso vincolo della mobilità, approvato nella Legge di Bilancio del 2019 e prima di cinque anni e poi abbassato a tre nel 2021, una volta assunti in ruolo, con conseguente grave disagio di lontananza dalla propria famiglia.                                                                        L’ Autonomia Differenziata, ossia una vera e propria “Secessione dei Ricchi” che favorisce Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna rappresenta una grave minaccia per la scuola pubblica italiana. Se dovesse passare la Legge sull’Autonomia Differenziata e affidare alle regioni la gestione dell’istruzione alla frammentazione dei diritti evidenziata anche dalle proposte già circolanti proposte dalle regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna su organico regionale del personale scolastico, concorsi regionali, contratti regionali e differenziare gli stipendi su base territoriale, in vere e proprie “gabbie salariali” intervenendo sulla mobilità, sottraendo la materia alla negoziazione sindacale con la possibilità di avere docenti regionali e programmi differenziati, porta all’ indebolimento della scuola pubblica, alla frammentazione dei diritti e soprattutto all’aumentare delle diseguaglianze e dei divari territoriali.  Alle Regioni “virtuose” sarà consentito di ottenere un aumento delle somme destinate alle prestazioni. Si ipotizza di prevedere un monitoraggio ogni tre anni.        Non verrà erogato un solo euro in più: tanto lo Stato spende, tanto lo Stato darà. Con autonomia differenziata il Sud perderebbe 1.4 miliardi di euro del finanziamento statale per istruzione a vantaggio del Nord. Lombardia e Veneto scalpitano perché ciò avvenga lamentando il fatto che attualmente la spesa pro capite dello Stato nei loro territori – e più in generale al Nord – è più bassa che al Sud e che debba essere riequilibrata. In realtà l’attuale divario è solo conseguenza della situazione economica e sociale che porta gli insegnanti giovani come sopraccitato a lavorare al Nord e quelli anziani a concentrarsi al sud. Gli insegnanti e bidelli che lavorano al Sud costano quindi più solo perché più anziani, per gli automatismi contrattuali di cui non è responsabile nessuna Regione, nessun istituto scolastico ne, ovviamente, il singolo professore o singolo bidello.

E’ una grave minaccia dove nella quale tutti i sindacati della scuola si sono schierati nettamente contro e insieme al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale guidato dal Costituzionalista Massimo Villone, hanno avviato una raccolta di firme per modificare parte degli articoli della Costituzione che ripartiscono le competenze tra Stato e Regioni.  L’obiettivo è quello di fermare l’autonomia differenziata e vi invito a firmare, cliccando sul seguente link e seguendo poi le istruzioni http://www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it/.

Infine l’aver reso la scuola una azienda con dei presidi-manager che mirano esclusivamente a soddisfare le esigenze dei genitori trattati come dei clienti che ha portato a svilire, soprattutto alle elementare dove non possono mettere note in caso di atteggiamenti indisciplinati degli alunni, il ruolo dei docenti. Insegnanti della nuova generazione che svolgono il lavoro non più come una “missione” come accadeva in precedenza e come lo svolgono ancora tutt’ora i docenti più vecchi, che si sono formati in un contesto socio-politico e culturale nettamente diverso dove i valori comunitari marxisti e al tempo stesso con una certa impostazione rigida finalizzata all’educazione, ma semplicemente come un lavoro come un altro con la conseguenza che il livello culturale, soprattutto tra gli insegnanti delle scuole elementari, si è abbassato notevolmente e totalmente appiattito sull’ideologia dominante neoliberista.                              Ma d’altronde gli insegnanti più giovani hanno imparato le nozioni in maniera dogmatica senza una riflessione di pensiero, sul perché, sulle cause, in quanto oggi la scuola è ispirata nella didattica, da un’ideologia, deleteria, dell’oggettività della valutazione, eliminando la soggettività dell’insegnante. Un insegnante che corregge un tema e dà sei e mezzo, un altro che invece dà sette e mezzo, questo, secondo i pedagogisti neoliberisti di centro-sinistra è un gravissimo problema e di conseguenza bisogna arrivare a un sistema di valutazione oggettivo. E lo stesso metodo di insegnamento lo fanno attualmente con gli studenti creando un circolo vizioso. Tali problematiche raccontate in questo articolo hanno portato la scuola italiana a diventare da un fiore all’occhiello, invidiato persino da molti paesi europei che ha creato la fama, vera, degli insegnanti italiani che erano considerati tra i più preparati, se non i migliori in Europa, a divenire scadente, il fanalino di coda in Europa e migliore solo di paesi ancor più devastati dalle politiche neo liberiste. Il tutto a opera di una classe politica neoliberista, di centrodestra e centrosinistra che ha sempre considerato l’istruzione, così come la sanità, come un “bancomat” a cui destinare meno risorse e anzi toglierle al fine del perseguimento di politiche economiche di austerità neoliberista che favoriscono la grande finanza e gli industriali.

Le soluzioni per una scuola democratica, popolare e di massa, le ho scritte nell’articolo “Scuola di Massa e la Riforma Gentile”. http://www.comunismoecomunita.org/?p=8144

 

ANDRE’ SICILIANI

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